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L’elefante e la corda

C’era una volta,

un uomo che passò, per caso, vicino ad un elefante e nell’osservarlo, rimase sorpreso.
Questo elefante non aveva catene e non stava nemmeno all’interno di una gabbia, l’unica cosa che aveva era una corda attorno alla zampa.

L’uomo sorpreso chiese al proprietario dell’elefante come mai non cercava di scappare, dato che avrebbe potuto facilmente svincolarsi da quella corda. Il proprietario prima di rispondergli, fece una piccola risata e con un’espressione in volto che diceva già da sé quanto fosse ovvia la risposta, gli disse:
“Quando era ancora un cucciolo, gli mettemmo la stessa corda e lui cercò di svincolarsi diverse volte senza riuscirci. Per un elefante adulto questa corda è certamente innocua, ma per un elefantino, è come una catena; perciò non riuscì mai a liberarsi, seppur i diversi tentavi.
Dopo tutti quei fallimenti non ci ha mai più provato e tutt’ora, seppur la sua mastodontica stazza, pensa ancora che quella cordicella abbia lo stesso potere vincolante di prima e che lui, sia ancora quel piccolo elefantino.”

L’uomo fu meravigliato e tra sé e sé pensò:
Siamo tutti un po’ come quell’elefante. Ci ancoriamo all’idea di non poter o riuscire a fare qualcosa, solo perchè un tempo avevamo fallito. Ci dimentichiamo che il fallimento fa parte dell’imparare e del crescere e che non dovremmo mai darci per vinti difronte alle difficoltà che la vita ci presenta.

Grazie per la lettura!

– Olistic Path

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Incomunicabilità

      In amore la comprensione è vitale, ma difficilmente qualcuno ci spiega esattamente cosa significa comprendere una persona. Nessuno ci dice che vi è una distinzione tra capire qualcuno e qualcosa e realmente comprendere il prossimo nella sua complessità. Alcuni reputano perfino impossibile comprendere qualcuno totalmente, perché nemmeno dopo aver trascorso una vita intera assieme, puoi realmente dire di conoscerlo nella sua totalità. Ma allora se la comprensione è vitale in una relazione, ma al contempo è impossibile, come si dovrebbe amare qualcuno?
Se poi a tutto ciò ci aggiungiamo che le persone sono di nazionalità diverse, ma entrambe conoscono l’inglese a livelli diversi, la cosa diventa ancora più difficile. Ci sarà certamente comunicazione, ma una miriade di fraintendimenti a causa della diversità espressiva. Chi conosce meglio la lingua comunicherà sentimenti e pensieri in maniera più dettagliata e forbita, mentre chi la conosce meno tenderà ad esprimersi in maniera più semplice tanto che a volte può risultare persino superficiale.
Khalil Gibran è stato un poeta, pittore e aforista nato a Bsharre (cittadina libanese) il 6 gennaio 1883 e morto a New York, 11 aprile 1931. L’idea di spiegare il concetto di linguaggio, cultura e comprensione nei conflitti coniugali attraverso i suoi aforismi è dato dal fatto che il suo tema ricorrente è l’amore spirituale e la sua capacità di unire occidente e oriente, le religioni come islamismo, cristianesimo maronita e protestantesimo e induismo; oltre a unire diverse letterature come quella araba, greca e latina o l’unione di diverse filosofie come quella di Nietzsche o quella di Jung. Negli scritti di Gibran il linguaggio è il MESSAGGIO esattamente come nella mediazione in cui è importante raggiungere quello che Gibran definisce lo stato supremo di unità che sarebbe la COMPRENSIONE di tutti gli stati dell’essere.

    Nella mediazione ci si scontra spesso con casi di coppie in conflitto tra loro dove per entrambi i coniugi, il problema sembra insormontabile e più ci rimuginano, più lo percepiscono come un punto di non ritorno. In poche parole, come disse Khalil Gibran:

<< Ho visto un giovane
conquistare
una ragazza con dolci parole;
ma i loro sentimenti autentici
erano immersi nel sonno,
e la divinità del loro essere,
era ben lontana.

E ho visto due innamorati;
ma la donna era come un liuto
nelle mani di un uomo che non sa suonare
e afferra solo suoni aspri >>

Il nome di questa riflessione è Incomunicabilità perché da una parte si finge che ci sia amore, ma non c’è; dall’altra c’è, ma non si sa come esprimerlo armoniosamente senza entrare in conflitto. Eppure, l’amore dovrebbe essere un sentimento privo di regole e limitazioni, la cui espressione dovrebbe essere libera in quanto priva anche di spazio e di tempo; ma spesso ci si dimentica di questo.

Questa dimenticanza è data non dal fatto che le due persone iniziano ad essere meno innamorate, ma dal fatto che non vi sia più ascolto reciproco perché lo scopo è diventato prevaricare sull’altro; in breve, la forma mentis di entrambi si trasforma in “io ho ragione e non tu”. Sempre citando Gibran:

<< La ragione è la luce nelle tenebre come
l’ira è la tenebra nella luce.

La ragione vale tanto quanto di più si abbonda,
ma se fosse venduta al mercato,
solo il saggio saprebbe stimarne il valore. >>

Una volta che la coppia giunge a questa guerra senza fine, fatta di litigi, screzi e dispetti l’unica soluzione è trovare un “saggio” al mercato che sappia stimare il valore delle nostre parole e dei nostri sentimenti ed è qua che arriva il mediatore. Bisogna specificare però che la figura del mediatore non ha nulla a che vedere con quella di uno psicologo, di un giudice o di un prete, ma il suo ruolo all’interno dei conflitti consiste più nel tradurre il LINGUAGGIO, in questo caso di un coniuge, ad un altro. Spesso, infatti, le intenzioni sono genuine, ma la scelta delle parole e la prepotenza dell’ego non permetto all’altro di comprendere il vero fine della comunicazione.
Quindi per il mediatore è importante aiutare il cliente a comunicare il suo messaggio nella maniera giusta che non risulti offensiva o abusiva al ricevente. Gibran disse:

<< La pietra più solida
nell’intera struttura
è quella posta più in basso
nelle fondamenta >>

Ed è esattamente attraverso quella pietra posta nelle fondamenta del rapporto con l’altro che deve essere per prima cosa individuata e successivamente, insegnato a comunicare le ragioni del presente attraverso essa. Le persone spesso si dimenticano della sua esistenza o che un tempo esisteva. Si dimenticano in pratica quella che era stata fino ad all’ora la colonna portante del loro rapporto e quindi del loro amore.

Tutto ciò porta ad evitare una serie di comportamenti importanti in amore come il venirsi incontro, l’ascolto o l’aiuto e si finisce col seguire un cammino che alla fine, se compreso il danno profondo che provoca nel prossimo, porta solo al rimorso. Questo cammino prevede un linguaggio offensivo che rientra in ciò che si definisce come abuso verbale, a cui appartengono una serie di forme di aggressione come:

  • Insulti
  • Umiliazioni
  • Accuse
  • Giudizi
  • Disprezzo
  • Minimizzazione dell’altro
  • Colpevolizzare
  • Ordinare
  • Pretendere

Quest’ultime però spesso non sono svolte consapevolmente, se osserviamo una coppia in cui nessuno dei due coniugi ha disordini patologici. Si potrebbe persino ipotizzare che tali atteggiamenti siano espressi nel tentativo di entrare nell’altro attraverso ciò che apparentemente crediamo di sapere e quindi, stare, all’interno dell’altro. Quando però questa credenza non è corretta, l’altra persona si sentirà avvilita.  Questo lo si può quindi definire come una sorta di meccanismo di autodifesa in cui seppur entrambi si rivolgono all’altro in maniera scontrosa e attraverso silenzi e sarcasmo, dietro tale maschera si nasconde spesso il timore sia che esso sia di perdere sé stessi o l’altro. Sempre Khalil Gibran, infatti, disse:

<< Forza e tolleranza
sono strettamente congiunte.

    Spesso ho odiato
    per autodifesa;
   fossi stato più forte,
   non avrei usato
   quest’arma.

Un uomo può anche
uccidersi
per autodifesa >>

Questa citazione è perciò la dimostrazione di come l’autodifesa possa portare uomini e donne a provare un odio fittizio verso l’altro, il quale spesso è causato dal timore e non da una reale volontà di separarsi dal coniuge o un vero desiderio di concludere i rapporti o una diminuzione di amore. Infatti, bisognerebbe ricordare che soprattutto quando una persona ci tiene a qualcuno, non appena avviene un cambiamento, è più portata a reagire con rabbia. Rassomiglia assai al comportamento infantile che un bambino assume quando gli viene portato via, smarrisce o cambia il suo giocattolo preferito che per lui è importante. Anche nell’adulto di fatto i sentimenti sono un po’ come i giocattoli e le persone a cui affidiamo i nostri sentimenti, assumono un significato a noi intrinseco.

<<Io ci tengo a lei perché la amo>>
<<Io sono abituato alla sua presenza in una certa maniera>>
<<Lei mi comprende il mio modo di riflettere>>


Quindi se io perdo lei, perdo anche un punto di riferimento che sia in grado di comprendere il mio modo di pensare. Questo significa anche che senza di lei, mi sentirò perso e dato che durante una storia d’amore si tende a assumere in sé stessi una parte dell’altro e l’altro ad assumere una parte di te. In poche parole, la perdita porterebbe ad una destabilizzazione dell’identità ed è per questo che spesso si preferisce litigare piuttosto che lasciare andare l’altra persona.

Ma permettere che il litigio prosegua incessante può portare solo a due conseguenze o ad un senso di disperazione e apatia generale o ad una epifania, intesa alla James Joyce, ma stavolta con una soluzione naturale al problema da parte di entrambi.
Una situazione simile a quella di apatia generale, la si può vedere nel quadro di Munch chiamato Amore e odio o conosciuto anche come La donna vampiro. Nel dipinto si può vedere una donna che apparentemente protegge il suo amato dalle amarezze terrestri attraverso un abbraccio, ma la quale in realtà lo sta opprimendo e soffocando, portando l’uomo ad una completa sottomissione.     

Per il caso di epifania è interessante portare come esempio un film del 2019 diretto da Noah Baumbach, interpretato da Adam Driver e Scarlett Johansson; ovvero: Storia di un matrimonio. Questo film narra di due coniugi il cui matrimonio, seppur inizialmente florido, raggiunge un apparente punto di non ritorno. In un primo momento gli sposi decidono di fare una terapia di coppia, ma non appena gli viene consigliato di scrivere in un foglio tutto ciò che ad uno piace dell’altro, la donna si rifiuta e dopo una pausa, consegna le carte per il divorzio al marito. Vi sarà una diatriba di situazioni stressanti tra tribunali, avvocati e custodia del figlio, fino a quando entrambi raggiungono un limite della loro frustrazione e decidono di discutere amabilmente della questione in privato giungendo ad un compromesso e in questo modo ponendo fine al conflitto.

Portando di nuovo all’attenzione James Joyce con un racconto (Eveline) preso dal suo noto libro Gente di Dublino, si può cogliere l’incomunicabilità tra Eveline e Frank.
Frank innamorato di lei le propone di partire con lui, ma lei, avendo un’epifania della promessa fatta alla madre in letto di morte di prendersi cura dei fratelli, sceglie di non partire con lui senza dargli spiegazioni. Frank quindi parte con disperazione e rimorso di non averla portata con lui e di non aver nemmeno saputo la verità perché non gli era stata comunicata, prende la nave e si separano. 
Un altro è quello dell’artista surrealista belga, Renè Magritte, nel dipinto del 1928 chiamato Gli amanti, rappresentò il bacio di una coppia, la quale è però velata e quindi priva di comunicazione a causa dell’impedimento di vedersi negli occhi e di toccarsi realmente con le labbra seppur la passione, notabile, appunto, dalla posizione in cui avviene il bacio; ciò, quindi, crea un conflitto.

Citando le parole di Magritte:

<<C’è un interesse in ciò che è nascosto e ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra visibile nascosto e visibile apparente.>> 

       Gary Chapman, nato nel 1938 in Nord Carolina, è un consulente delle relazioni. Dopo aver conseguito una laurea e master in arte, una laurea in antropologia, un master in educazione religiosa e un dottorato in filosofia, è riconosciuto, a livelli internazionali, come uno dei massimi esponenti in materia di relazioni interpersonali.
Egli nel 1992 pubblicò il libro intitolato I cinque linguaggi dell’amore, nel quale spiega come l’amore può essere espresso e quanto è fondamentale sapere sia come il partner preferisce che gli venga espresso, sia come a noi piace che ci venga espresso.
I cinque linguaggi dell’amore sono i seguenti:

  1. PAROLE
  2. MOMENTI SPECIALI
  3. RICEVERE DONI
  4. GESTI DI SERVIZIO
  5. CONTATTO FISICO

PAROLE

Ciò che si ricerca nelle parole sono complimenti genuini fatti in nome dell’affetto reciproco e non per ottenere qualcosa in cambio e non è ben accolta l’adulazione in quanto priva di sincerità. Gli incoraggiamenti fatti con reale empatia e capacità di comprendere cosa è importante per l’altro. Le parole gentili usando un’intonazione calda e attraverso una buona intenzione. Anche le parole umili sono di vitale importanza in questo tipo di linguaggio amoroso in quanto una comunicazione assertiva permette all’interlocutore di sentirsi rispettato ascoltato quando esprime i suoi bisogni o richieste.

MOMENTI SPECIALI

Ai momenti speciali fanno parte le conversazioni di qualità che, come caratteristiche, hanno un’esposizione diretta di esperienze, desideri, emozioni o sentimenti che fanno sentire l’interlocutore realmente preso in considerazione. Oltre a questo, anche le attività speciali fanno parte di questa categoria e stanno nel fare qualcosa gradito da entrambi con amore e connessione.

RICEVERE DONI

La spiegazione di questa categoria è molto breve in quanto con doni non ci si riferisce solo a regali materiali, ma anche a quelli immateriali quali la propria totale presenza nei momenti più importanti per il partner.

GESTI DI SERVIZIO

I gesti servizio sono invece semplici o anche complesse azioni concrete nel tentativo di rendere un ambiente o un momento più intimo e speciale. Un esempio può essere la preparazione di una cena o la pulizia di una stanza.

CONTATTO FISICO

Il contatto fisico vale soprattutto per chi ha una elevata modalità cinestesica in cui un abbraccio o una carezza mettono il partner in contatto con quel sentimento intimo e profondo che proviamo verso di lui. E’ importante però in questo caso comprendere i tempi e soprattutto essere in grado di percepire i momenti giusti in cui realmente esprimere tale contatto nel rispetto dell’altro.

Ognuno di noi possiede uno o più linguaggi dell’amore ed è fondamentale comprendere quale preferiamo in quanto le relazioni più sane e longeve sono date proprio da questa consapevolezza e da una comunicazione diretta, senza limitazioni, ma pur sempre assertiva e rispettosa verso l’altro.
Concludendo, come direbbe Erik Fromm l’amore è:
<<che io ami dall’essenza del mio essere e <<senta>> l’altra persona nell’essenza del suo essere>>
E, al contempo bisogna ricordarsi che: <<l’amore maturo, quindi, è unione a condizione di preservare la propria integrità ed individualità. Amore è interesse attivo per la vita e la crescita di ciò che amiamo.>>

FONTI